Michelangelo Pistoletto afferma: “Il risorgere della mia Venere rappresenta una nuova speranza per Napoli”


NAPOLI – È un’opera che, in linea con tutta la più recente attività di Michelangelo Pistoletto, maestro dell’arte povera legato a Napoli fin dai tempi di Arte Povera + Azioni Povere che si tenne ad Amalfi alla fine degli anni Sessanta, dovrebbe avere un potere pacificante. E invece fa discutere. Anche vivacemente. Ieri mattina la Venere degli stracci è stata inaugurata in piazza Municipio, la piazza del Castelnuovo angioino nota in tutto il mondo. Le si è aggiunto l’aggettivo “nuova”, perché è stata rifatta dopo l’incendio che l’ha distrutta nel luglio scorso. La polemica, inaugurata sui social, e che va avanti ormai da mesi, anche perché purtroppo chi aveva provocato l’incendio era un senza fissa dimora di 32 anni finito in carcere, ha avuto uno strascico al simbolico taglio del nastro. Un gruppo di napoletani e una consigliera regionale, Marì Muscarà, hanno protestato per i costi della guardiania a carico della città, accusando il Comune di «distrarsi con la cultura mentre nel quartiere Vomero molte persone hanno perso la casa a causa di voragini».

Per spegnere le polemiche il sindaco, Gaetano Manfredi, accompagnato dal suo consigliere per l’arte contemporanea, Vincenzo Trione, autore dell’operazione, ha annunciato che, grazie anche all’intervento presso il vescovo Battaglia di padre Antonio Loffredo, ideatore di iniziative per il recupero del Rione Sanità, la Venere resterà definitivamente a Napoli. In una basilica storica del popolare quartiere di Forcella, San Pietro ad Aram che, per volontà del vescovo di Napoli Domenico Battaglia si chiamerà “Cattedrale della Carità”.

Pistoletto, che cosa pensa del giovane che ha commesso il gesto di distruzione nei confronti della sua opera?

«Vorrei abbracciarlo. Vederlo in faccia, guardarci negli occhi. È una persona che ha un bisogno profondo, e la Venere può offrire la risoluzione a questo sogno. L’ho perdonato, sta collaborando con noi, dobbiamo collaborare con lui, penso che in lui ci sia stata una scintilla di dolore».

La Scintilla è anche l’associazione che si occupa di ragazzi in difficoltà a Napoli, quella che, con l’altra cooperativa sociale che si occupa di detenute, Le Lazzarelle, il Comune ha scelto per destinare alle loro attività i fondi raccolti con un crowdfunding in un primo momento, quando si pensava di impiegarli per il ripristino della Venere.

«Sembra un segno del destino. Una scintilla ha distrutto e un’altra salverà. Spero che il ragazzo sia affidato a loro e, come ha detto padre Loffredo, possa anche occuparsi di mostrare a tutti l’opera quando sarà collocata nella chiesa. Sono andato proprio ieri a vederla».

Lei ha donato la Venere degli stracci alla città di Napoli, perché questo gesto?

«Sono molto contento della rinascita di quest’opera che è stata fatta per far rinascere la società. È dedicata alla rigenerazione degli stracci che rappresentano il degrado, la massima tensione negativa nella società, mente il termine Venere nasce dalla parola venerazione. La bellezza che non finirà mai di esistere deve trasformare gli stracci in qualcosa di nuovo, devono diventare gioia perché la Venere rigenera».

Tra le varie polemiche, si era anche detto che la sua opera sembrava un po’ calata dall’alto, senza contatto vero con la cittadinanza, con il pubblico, come un’opera “pubblica” dovrebbe essere: lei che ne pensa?

«La Venere rappresenta la bellezza che non finirà mai di esistere e che trasforma gli stracci in qualcosa di nuovo, di meraviglioso. Davanti alla Venere, gli stracci diventano colore, forme, gioia. Lo straccio deve diventare gioia perché la Venere rigenera. Noi supporteremo questa nuova installazione con una lunga serie di iniziative, che sono già cominciate: una riguarda la mia idea di “Terzo Paradiso”, un giardino protetto da piccoli muri curvi nel deserto che deve riconciliare la natura e gli esseri umani da questo momento di crisi. Su un pannello specchiante da ieri stiamo chiedendo per strada ai napoletani di firmarlo. La prossima tappa sarà nel quartiere di Scampia».

L’opera, dopo i tre mesi previsti in cui in piazza sarà sorvegliata da una guardiania dedicata, andrà a San Pietro ad Aram. Padre Loffredo ha discusso con il vescovo di Napoli che sia l’inizio della riapertura di chiese chiuse da anni, e che a tenerle aperte con speciali progetti siano proprio persone come il senza fissa dimora protagonista di questa triste storia, lei che ne pensa?

«Mi auguro davvero che gli stracci della mia Venere si trasformino nel denaro necessario a realizzare le iniziative di recupero, rigenerazione e reinserimento intraprese, anche quelle che riguardano i fragili come lui».

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